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Alzheimer: Arteterapia e Danzaterapia nel trattamento dei disturbi psico-comportamentali. Il mio articolo

L’Arteterapia e la Danzaterapia nel trattamento dei disturbi psicocomportamentali della Demenza Alzheimer. Di Linda Rosaria Faggiano Arteterapeuta Clinica e Danzaterapeuta Clinica

La malattia di Alzheimer è dovuta a una diffusa distruzione di neuroni, principalmente attribuita alla proteina beta-amiloide che, depositandosi tra i neuroni, agisce come una sorta di collante, inglobando placche e grovigli "neurofibrillari". La malattia è accompagnata da una forte diminuzione di acetilcolina nel cervello, un neurotrasmettitore, ovvero di una molecola fondamentale per la comunicazione tra neuroni, e dunque per la memoria e per ogni altra facoltà intellettiva. La conseguenza di queste modificazioni cerebrali è l'impossibilità per il neurone di trasmettere gli impulsi nervosi e quindi la morte dello stesso, con conseguente atrofia progressiva del cervello nel suo complesso. La Demenza è una sindrome clinica, a decorso cronicoprogressivo, caratterizzata da perdita di memoria a breve e a lungo termine associata a deterioramento di altre funzioni cognitive (afasia, aprassia, agnosia, deficit del pensiero astratto o delle capacità di critica) di severità tale da compromettere in modo significativo le attività lavorative, sociali e relazionali, con un peggioramento rispetto al precedente livello funzionale, in presenza di un normale stato di coscienza (DSM IV American Psychiatric Association). Nelle demenze vi è una compromissione globale delle funzioni nervose corticali superiori, quali:

 memoria, attenzione, concentrazione.  capacità di far fronte alle richieste della vita quotidiana.  capacità di svolgere le prestazioni percettive e motorie acquisite in precedenza.  mantenimento di un comportamento sociale adeguato alle circostanze.  controllo delle proprie reazioni emotive In assenza di compromissione dello stato di vigilanza. (1982, Committee of Geriatrics Royal College UK).

I Disturbi psico-comportamentali La sintomatologia psichica e comportamentale associata alla demenza (deliri, allucinazioni, depressione, apatia, agitazione, aggressività, vagabondaggio, affaccendamento, ecc), viene definita con l’acronimo BPSD, da Behavioral and Psychological Symptoms of Dementia, su iniziativa dell’International Psychogeriatric Association. I disturbi psico-comportamentali sono causa di sofferenza e disagio per i malati e per i caregivers; costituiscono la causa più frequente di ricovero in istituzione, anticipano la totale disabilità, aumentano notevolmente i costi di gestione del paziente sia dal punto di vista economico, che emotivo e psicologico, per il paziente stesso e per i familiari. I BPSD sono anomalie che si manifestano con le alterazioni della percezione, del contenuto del pensiero, dell’umore e del comportamento, che si osservano frequentemente, nei pazienti affetti da sindrome demenziale. Di solito si presentano nel 70/90% dei pazienti affetti da demenza. I sintomi più comuni appartengono a questi cluster: deliri persecutori, dispercezioni, disturbi dell’affettività psicomotoria, aggressività, disturbi del ritmo circadiano, disturbi affettivi, ansia, fobie. I BPSD si configurano con la presenza di sintomi sia psicotici :deliri, allucinazioni, depressione, ansia; che comportamentali: aggressività, vagabondaggio, disturbi del sonno, alterazione del comportamento alimentare, comportamenti sessuali inappropriati (disinibizione). I deliri sono generalmente non bizzarri, persecutori e poco strutturati. Spesso l’ideazione paranoidea, può essere alimentata dal deficit mnestico attraverso un meccanismo psicopatologico compensatorio della riduzione della memoria: il paziente non ricorda dove ha messo gli oggetti, e si convince di essere stato derubato dai vicini o dai familiari. Le allucinazioni possono essere secondarie ad alterazioni dell’attenzione alla compromissione dello stato di coscienza. Più spesso sono osservati in pazienti ospedalizzati, suggerendo una correlazione con la gravità della patologia. Altri sintomi comportamentali frequenti, sono la presenza di agitazione e aggressività. Il fenomeno del wandering, l’oppositività, il rifiuto sino ad esplosioni verbali e/o fisiche. (Invernizzi-Bressi Manuale di Psichiatria e Psicologia clinica). Questi disturbi sono probabilmente dovuti a meccanismi patogenetici multipli:  Biologici: dipenderebbero cioè dalla sede in cui sono maggiormente localizzate le lesioni tipiche della malattia, da fattori genetici, dalla contemporanea presenza di altre malattie, dai neurotrasmettitori coinvolti.  Psichici: sarebbe importante la personalità premorbosa.  Interpersonali: lo stress del caregiver incide molto sull’insorgenza dei BPSD.  Ambientali: es. un ambiente troppo rumoroso, poco illuminato o troppo illuminato, un cambiamento di residenza, possono scatenare dei BPSD. Nello specifico i BPSD si possono manifestare attraverso diversi comportamenti quali:

 Attività di tipo ripetitivo - la persona affetta da demenza può dimenticare ciò che ha detto o fatto, già dopo pochi istanti compiendo azioni e facendo domande in modo ripetitivo.  Deliri e allucinazioni - Il delirio e le allucinazioni assumono forme di un pensiero vero e possono essere considerati dalla persona affetta da demenza come assolutamente reali, sfociando talvolta in comportamenti auto difensivi.  Comportamenti disinibiti.  Perdita dell’orientamento.  Violenza e aggressività - in particolari circostanze il malato può diventare irascibile, aggressivo, violento.

Ciò può avvenire per svariati motivi, come la perdita di autocontrollo in pubblico, il degenero delle capacità critiche, l’incapacità di esprimere con sicurezza emozioni e sentimenti sgradevoli e la difficoltà a relazionarsi con altri individui. L’aggressività può anche essere una reazione a sensazioni e condizioni sgradevoli (rumore confusione, posti affollati) o fattori fisici (fame, freddo, caldo sonno), e fisiologici (infezioni alle vie urinarie, stitichezza).  Depressione e ansia - la persona malata può sentirsi depressa, triste, tendere all’isolamento, parlare, agire e pensare con particolare lentezza o difficoltà, questo può provocare un ulteriore alterazione del ritmo di vita quotidiano e delle abitudini. (Tratto dal vademecum dell’associazione Alzheimer Bergamo). Attualmente l’intervento rispetto a questi disturbi è farmacologico e/o affidato a contenzione fisica, ma l’orientamento è sempre più quello di proporre metodologie e tecniche alternative che, possano favorire il benessere del malato e dei suoi familiari. In quest’ambito è nato il progetto di un intervento realizzato con tecniche a mediazione non verbale, quali l’Arteterapia e la Danzaterapia. Entrambe le metodologie, tengono in considerazione i limiti del paziente, facendo quindi proposte graduali e mirate, con l’obiettivo di offrire uno spazio nel quale queste persone possano ancora “agire nel mondo”, essere riconosciute, essere competenti, entrare in relazione con l’ambiente circostante e con gli altri, presenti nello spazio. Entrambi i setting sono accoglienti, caldi, non giudicanti, questo favorisce la quiete del malato, che riesce a rimanere nello spazio e dentro l’attività proposta. Attualmente al percorso di Arteterapia hanno già partecipato una ventina di pazienti, ricoverati in struttura, gli incontri si tengono una volta alla settimana e hanno la durata di un’ora. L’incontro viene gestito con il metodo della tavola imbandita, i materiali sono presenti sul tavolo e la persona può scegliere il materiale che desidera utilizzare, e in questa possibilità si dà voce alla competenza di scegliere e decidere. Dopo la selezione del materiale la persona può scegliere cosa disegnare o dipingere e lo fa secondo le proprie possibilità, il mio intervento come conduttrice è puramente di supporto, non do suggerimenti su cosa fare, ne tantomeno mi sostituisco alla persona che lavora; talvolta offro ai partecipanti delle immagini stimolo dalle quali le persone traggono ispirazione per il proprio lavoro. Il ruolo di supporto è utile per dare una struttura sulla quale le persone cominciano a lavorare, dando forma alle immagini che vengono accolte come sono, senza giudizio. Nelle immagini emerge spesso la frammentazione di idee, pensieri e percezioni. Scrive Borgna” la fragilità e la tristezza dell’anima naufragano nella malattia estrema, la malattia di Alzheimer… Non è facile immedesimarsi nelle condizioni psicologiche e umane di chi abbia a sentirsi immerso, come nella malattia di Alzheimer nel vortice di emozioni e pensieri frantumati”. La frammentazione che emerge negli elaborati di queste persone viene nel percorso ricomposta, dagli stessi autori, che attraverso collegamenti tra gli elementi disegnati, rendono visibile ciò che ancora resiste alla malattia. Nel percorso la manualità recupera memorie procedurali, rendendo le prassie più naturali e fluide; le narrazioni dei lavori, che chiudono il gruppo divengono sempre più partecipate e articolate, anche in chi ha ormai un linguaggio ridotto a farfugliamento. La mostra dei lavori consente di guardare l’altro ed essere visti, riattivando così esperienze relazionali che la malattia aveva molto compromesso, mostrare il proprio lavoro sostiene inoltre l’autostima del paziente, al quale non di rado, i componenti del gruppo rivolgono complimenti per l’opera realizzata. Anche nel setting di Danzaterapia il cui percorso si sviluppa su incontri settimanali da un’ora, le proposte vengono fatte in modo graduale e mirato; gli strumenti che la Danzaterapia utilizza sono: il corpo, la musica, gli oggetti stimolo, le parole madri e le immagini. Nel creare il dialogo corporeo la persona comincia dal riattivare un dialogo con il proprio corpo, sul quale la dimensione del tempo, rende visibile il suo passaggio. Pian piano nel lavoro affiorano le memorie del corpo, memorie procedurali e attitudini personali, che consentono alla persona di cominciare a muoversi nello spazio facendolo proprio, relazionarsi con i materiali, spesso riattivando aspetti ludici. Questa presenza nello spazio e nel mondo porta gradualmente alla relazione con l’altro, mediata prima dai materiali, poi sempre più prossima, fino al contatto fisico diretto, che dà vita a nuove forme di danza Danza e consente di sperimentare sensazioni di accudimento e affidamento. Quanto sia importante il dialogo corporeo è espresso nel testo “La persona anziana” di Louis Ploton, citato da Vigorelli (autore che allungo si è occupato di Alzheimer). Ploton individua due principali modalità per comunicare, quella digitale e quella analogica:  “La comunicazione digitale comprende il linguaggio verbale, parlato e scritto e quello dei gesti convenzionali, propri della cultura di appartenenza. Si acquisisce progressivamente tramite l’apprendimento proprio e per questo è il primo a deteriorarsi in caso di demenza”. “La comunicazione analogica, invece, sembra scaturire direttamente da una vita mentale profonda, preverbale, ed è perlopiù universale. Si può considerare innata e resta operante anche nelle fasi avanzate di malattia, quando la comunicazione digitale non è possibile. E’ una comunicazione che è correlata più strettamente con il corpo e con le emozioni”. Nel setting di Danzaterapia il corpo è protagonista di un dialogo nel quale le parole non servono, e tutto è rivolto al valore comunicativo del gesto. Ancora gli aspetti legati alla relazione, già citata anche per quanto concerne al setting di Arteterapia. Quanto sia importante e significativa la relazione con l’altro è espresso in tanti studi, ho scelto qui di prendere in considerazione quello di Tim Kitwood, Psicologo (come descritto nel testo di Vigorelli “Alzheimer – Come favorire la comunicazione nella vita quotidiana”; p.47) che prendendo spunto dalla Psicoterapia di Carl Rogers, ha sviluppato l’approccio psicosociale nella cura delle persone con Demenza. L’idea di base dell’autore è che il benessere/malessere della persona con demenza non dipende solo dalla malattia, ma dall’ambiente. Kitwood si rifà a una teoria della persona per cui “l’essere persona non è, inizialmente, una caratteristica dell’individuo, è piuttosto, una dimensione conferita o garantita dalla presenza di altri”. Detta in altri termini, prima viene la relazione, e con essa l’intersoggettività; la soggettività dell’individuo è come un distillato che si raccoglie in un secondo tempo. Per questo i feedback degli altri assumono così tanta rilevanza, sia quelli ricevuti dal conduttore e dagli educatori che partecipano all’incontro, che quelli degli altri pazienti inseriti nel percorso. Cosa accade allora nei setting, che va ad agire sui disturbi psico-comportamentali? Cominciamo col dire che nei setting a mediazione non verbale questi disturbi sono pressochè assenti, non vi sono episodi di violenza o aggressività; le persone generalmente più ritirate, che normalmente restano sedute immobili e con gli occhi chiusi, partecipano all’attività; i pazienti che maggiormente mettono in atto il wondering, (vagabondaggio afinalistico) nei setting, aderiscono alle proposte e molto di rado escono dalla stanza. Spesso è accaduto che persone entrate nel setting agitate, siano riuscite a calmarsi rimanendo nello spazio fino alla fine dell’incontro. E’ utile sottolineare che, i benefici evidenziati all’interno dei setting, sovente si estendono a tutta la giornata nella quale è avvenuto l’incontro, questo aspetto è stato sottolineato dalle equipe con le quali ho lavorato. Il setting quindi funge da contenitore, che accoglie, regola, contiene e attraverso le sue routine fornisce una struttura, aiutando i pazienti a collocarsi nello spazio-tempo, limitando in parte le difficoltà, che emergono rispetto alla perdita del ritmo circadiano. Nei setting la persona malata di Alzheimer ha soprattutto, la possibilità di comunicare nuovamente; attraverso una modalità non verbale. L’impossibilità di comunicare e la frustrazione di non essere compresi e di non comprendere quanto l’interlocutore dice, è spesso uno dei motivi che maggiormente suscitano comportamenti aggressivi e violenti. Negli spazi di terapia a mediazione non verbale il paziente può invece esprimere cosa è ancora vitale in lui, quali sono le sue emozioni. Inoltre, questi spazi offrono al paziente la possibilità di dare forma all’esperienza della malattia, rispetto alla quale si possono rilevare aspetti di maggiore consapevolezza che, ad esempio, uno dei partecipanti al gruppo di Arteterapia ha così espresso guardando i compagni “questi soffrono di malinconia del ricordificio”.  Comunicare consente di entrare nuovamente in relazione con gli altri, di sentirsi RICONOSCIUTI, come persone e come persone con delle COMPETENZE; riconosciuti nella propria INTENZIONE di comunicare, riconosciuti come INTERLOCUTORI VALIDI. In altre parole, Arteterapia e Danzaterapia Clinica consentono alle persone di affermare “SONO ANCORA QUI”. Scrive Galimberti: “L’intenzionalità del corpo umano, la sua originaria apertura al mondo, il suo esporsi e attendere dal mondo indicazioni per sé è attestato, innanzitutto, dalla sua struttura anatomica. Noi siamo eretti non per la meccanica dello scheletro o per la regolazione nervosa del tono, ma perché siamo impegnati nel mondo. Come questo impegno vien meno, come si riduce la presa sul mondo, il corpo si abbandona, quotidianamente nel sonno e alla fine nella morte, dove diviene oggetto puro, cosa tra le cose, immobilità non gesto, silenzio non parola, corpo come lo concepisce l’anatomia.” (Galimberti, “Il Corpo” 2013; p. 117) Ed ecco che l’intenzionalità espressa, colta, compresa e sostenuta attraverso gli aspetti creativi mossi dai materiali artistici e dalla danza, restituiscono alla persona EFFICACIA,impedendogli di diventare pura cosa tra le cose.

Nella foto, opere realizzate da W.Utermohlen, arteista affetto da Alzheimer, che ha così raccontato la propia esperienza.

Attività

Per afferrire ai percorsi individuali e di gruppo sono previsti un colloquio conoscitivo e una prima prova, che offro gratuitamente,
affinché insieme si possa valutare se i percorsi da me proposti possano essere realmente efficaci per la persona interessata.


L'Arteterapia e la Danzaterapia sono tecniche a mediazione non verbale, alle quali si possono rivolgere bambini e ragazzi, adulti e anziani, anche con difficoltà o disagio. Entrambe si pongono l'obiettivo di promuovere il benessere personale.
L'Arteterapia si serve del linguaggio simbolico dell’arte per promuovere la crescita e la trasformazione del sé. Il “fare creativo”, consente di entrare in contatto con i propri vissuti emotivi, dandogli forma e colore. L’Arteterapia può essere considerata come un ottimo strumento di introspezione che permette, non solo di esprimere la propria esperienza interna, ma anche di riconoscerla e comprenderla.
La Danzaterapia utilizza il corpo, la musica, immagini e materiali per dare forma alla propria esperienza interiore ed emotiva, divenirne consapevoli e trasformarla. Partendo dal corpo e dalle sue possibilità, emerge una danza libera, che consente di riscoprire le proprie risorse


Chi Sono

Mi chiamo Linda Rosaria Faggiano, sono un Arteterapeuta Clinica e Danzaterapeuta Clinica, formata presso la scuola Lyceum di Milano. Ho inoltre una formazione in Mindfluness Psicosomatica, protocollo Gaia Benessere Globale. Iscritta ad APIArT, certificata nella professione, in conformità alla norma tecnica UNI 11592. Leggi »

Dove ricevo

Studio di Arte terapia e Danzaterapia
Via Munari, 14 a Modena